LA PROMESSA ANTICIPAZIONI: LO SCONTRO CON CRUZ ESPLODE, LA VILLA TREMA

Il ritorno di Yana al palazzo de La Promessa non è stato un semplice ingresso tra muri familiari, ma un vero e proprio urto con tutto ciò che aveva lasciato dietro di sé. La villa si stagliava all’orizzonte con i suoi imponenti muri e il cortile che tante volte aveva attraversato con il cuore appesantito dall’incertezza, le finestre che filtravano la luce delle candele presagendo conversazioni segrete, intrighi e dolori mai sopiti. Ogni passo verso il portone risuonava dentro di lei come un eco di ricordi che non poteva più ignorare, non era più la Yana che era fuggita poco prima della festa di fidanzamento. Quella fuga, quel taglio netto con tutto ciò che rappresentava la promessa, aveva lasciato in lei una cicatrice profonda, ma la stessa ferita l’aveva resa più consapevole, più determinata a non accettare compromessi che significassero annullare se stessa. Manuel, che l’aveva amata senza condizioni, aveva sofferto la sua scomparsa come un tradimento, mentre Yana sapeva che se non fosse fuggita avrebbe finito per soffocare. Ora, con il cancello che si chiudeva alle sue spalle con un cigolio simile al sospiro di un gigante, respirò profondamente, consapevole della memoria della madre Dolores, della promessa fatta a sé stessa di scoprire la verità sulla propria famiglia e della forza che le derivava dal legame con Curro, non più solo un volto tra tanti, ma un fratello e un’ancora che la ancorava a quella terra. Fu proprio Curro a comparire per primo davanti a lei: la sorpresa negli occhi lasciò presto spazio a un calore familiare, un abbraccio rapido e istintivo come se temessero entrambi che il tempo o le circostanze potessero strapparglielo via da un momento all’altro, e in quel contatto Yana sentì il cuore riempirsi di un’emozione che sapeva di radici ritrovate. Poco dopo fu la volta di Manuel, che avanzava con passo lento, incredulo davanti alla realtà dei suoi occhi, a convivere da giorni con il vuoto lasciato dall’assenza di Yana e con le parole velenose di Cruz che insinuavano dubbi nel suo cuore. Vederla viva e presente fu per lui una scossa che ridonava vita a ogni fibra del suo essere; non ci furono discorsi né giustificazioni, solo un abbraccio lungo e disperato in cui nascose il volto tra i capelli di Yana, respirandone l’odore come chi teme di dimenticarlo, e lei rispose con voce ferma: “Non rinuncerò più a chi amo”, una dichiarazione che preannunciava la guerra imminente davanti a Cruz. Maria accorse poco dopo con l’entusiasmo fresco di chi non sa trattenere le emozioni, le braccia sottili serrate attorno a Yana con forza sorprendente, e nel suo sorriso luminoso c’era la prova che l’amicizia può resistere anche ai silenzi più duri, ma l’ombra di Cruz aleggiava nella villa come una tempesta pronta a scatenarsi, pronta a reclamare il suo potere sulla futura nuora.

Ignorando il protocollo e il decoro che Cruz pretendeva, Yana scese verso le cucine, dove Simo na e Pia la accolsero con sguardi di sorpresa e calore. Simona, curva sull’impasto, alzò lo sguardo come davanti a un fantasma, ma poi le mani ruvide si aprirono per stringere quelle di Yana, tremanti ma colme di affetto, mentre Pia, più composta, le ricordava il prezzo del gesto: “Se Cruz ti vede qui, saranno guai per tutti”. Yana alzò il mento e con lo sguardo deciso rispose: “Mi assumerò io la responsabilità. Se Cruz vorrà colpire, dovrà colpire me, non voi”. Il silenzio si fece denso nella cucina, interrotto solo dal borbottio delle pentole e dal ritmo calmo dei gesti quotidiani, ma dentro di sé Yana avvertiva la tensione crescere come un temporale carico di nuvole nere all’orizzonte. La marchesa, che aveva sempre considerato la servitù strumenti da usare e gettare, non poteva accettare che una futura sposa reclamasse con tanta forza quei legami, e proprio in quell’istante i passi secchi di Cruz risuonarono sul pavimento come il battito di un orologio che segnava l’ora di un processo già scritto. Yana si voltò e la figura imponente della marchesa apparve sulla soglia, il volto teso in un’espressione che mescolava disprezzo e fredda compostezza, ogni gesto studiato per incutere soggezione, ma stavolta Yana non abbassò lo sguardo. “Sei tornata”, esordì Cruz, la voce sottile come lama; Yana annuì senza cedere: “Sì, Marchesa, e non ho intenzione di andarmene di nuovo”. Il silenzio seguente fu tagliente, i domestici trattennero il respiro e Simona si fermò, consapevole che quella era la battaglia di Yana, e Cruz si mosse lenta come un felino misurando la distanza dalla preda.

Lo scontro fu inevitabile. Cruz, con tono velenoso, le ricordò quanto fosse rancorosa: “Sai che errore hai commesso andando via? Io non perdono”. Yana inspirò profondamente, cercando la forza nel ricordo della madre e nella promessa fatta a sé stessa, e rispose: “Non cerco il tuo perdono. Ho sbagliato a fuggire, ma ora sono tornata e non rinuncerò più a ciò che conta”. Le parole caddero come colpi di frusta, ma Yana non tremò. “Non mi hai dato un’anima, marchesa, quella ce l’avevo già prima di entrare qui. Non rinuncerò ai miei amici, a chi mi ha sostenuta quando tutto sembrava crollare. In cambio accetterò il finto passato che vuoi impormi, ma le regole d’ora in poi le detterò io”. La villa trattenne il respiro mentre Cruz serrava le mani attorno al ventaglio, incapace di accettare una sfida così diretta, e Yana compì un passo avanti, dichiarando con fermezza: “Respiro perché vivo e vivere significa scegliere chi sono. Puoi privarmi di tutto, ma non dell’amicizia, non dell’amore”.

Dopo lo scontro, Manuel si fece avanti, prendendo la mano di Yana davanti a tutti: era la prima volta che si schierava apertamente contro Cruz, e quel gesto aveva il sapore di una frattura irreparabile nella loro famiglia. Le parole di Maria, che gli aveva rivelato come Cruz e la signora Ross avessero tramato la fuga di Yana, avevano finalmente dissipato i dubbi e i sensi di colpa che lo avevano tormentato. Manuel, con un gesto deciso, dichiarò: “D’ora in poi non permetterò più a nessuno di mettere in dubbio ciò che siamo. Neanche tua madre”. Yana lo fissò sorpresa, con un misto di sollievo e timore, e lo strinse a sé: “Allora non avremo più paura. Viviamo, Manuel, ma alle mie condizioni: non rinuncio ai miei amici”. Intanto, nelle cucine, la vita riprendeva il ritmo antico tra profumi di pane caldo e gesti familiari, e Yana sentì il calore di una comunità che non l’aveva mai abbandonata, pronta a sostenerla anche di fronte alla furia della marchesa.

La notte scivolò tra corridoi silenziosi e camere alte, con i passi leggeri di Yana che risuonavano sui pavimenti, e la villa sembrava trattenere il respiro dopo la battaglia appena combattuta. Manuel la raggiunse senza parole, afferrando le sue dita come si afferra una verità appena ritrovata: “Non tornerò indietro. Se qualcuno proverà a separarmi da te, saprà già la mia risposta”. Yana sorrise cortissima, quasi un battito d’ali, e annuì, consapevole che da quel momento nulla sarebbe stato più come prima. Le cucine custodivano ancora il calore delle pentole, i corridoi i passi dati e quelli da dare, e la villa imparava il nuovo accento del suo nome: non più luogo di obbedienza e compromessi, ma terreno dove si patteggia con l’ombra per salvare la luce che conta davvero. L’ultima cosa che Yana pensò prima di addormentarsi fu la più semplice, la più ostinata, la più sua: “Non rinuncerò ai miei amici”. Il resto, la diplomazia, le maschere e i compromessi sarebbero venuti dopo, passo dopo passo, ma quella frase rimase incisa come legge indistruttibile, pronta a ripetersi il giorno successivo davanti a chiunque avesse osato sfidarla.

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